Indirizzo: Via Portuense, 292     Telefono: +39 06.55170.1    

Progetto Clostridioides difficile

PROGETTO ESECUTIVO-PROGRAMMA CCM 2016

”CARATTERISTICHE DELL’INFEZIONE DA CLOSTRIDIUM DIFFICILE, PATOGENESI E VIE DI TRASMISSIONE”

Il Clostridium difficile (CD) è un bacillo Gram-positivo, anaerobico e sporigeno identificato da Hall e O’Toole nel 1935 e così chiamato per la grande difficoltà di isolarlo nei normali terreni di coltura per la sua crescita molto lenta1, responsabile di una varietà di condizioni cliniche che vanno dalla diarrea lieve fino a quadri gravi di colite pseudomembranosa, megacolon tossico e perforazione intestinale. Ampiamente diffuso nel suolo e presente anche nell’apparato gastrointestinale di cani, gatti, cavalli, maiali, roditori, il CD fa parte della norma flora saprofita dell’intestino e colonizza tra il 3% e il 15% degli adulti sani. Può essere inoltre isolato nell’ 80% delle feci dei bambini fino a 1 anno di età (colonizzazione favorita dall’immaturità della flora batterica intestinale, ma incapacità della tossina di legarsi ai recettori degli enterociti ancora immaturi)2.

Del CD esistono sia ceppi tossigenici (cioè produttori di tossine) che non tossigenici, ma solo le forme tossigeniche sono causa di malattia negli esseri umani. La patogenicità dipende infatti dalla presenza delle tossine A (TcdA, enterotossina) e B (TcdB, citotossina). Tutti i ceppi tossigenici esprimono la tossina TcdB, con o senza la tossina TcdA. La tossina B ha infatti attività citotossica più potente della tossina A.

Entrambe le tossine sopravvivono nell’ambiente acido dello stomaco e sono in grado di legarsi alla superficie delle cellule epiteliali delle mucose intestinali dove vengono internalizzate e dove catalizzano la glicosilazione di alcune proteine citoplasmatiche, con successiva morte cellulare. Una terza tossina patogena, la tossina binaria (CDT), è prodotta da alcuni ceppi di C. difficile. Questa tossina ha dimostrato di incrementare la virulenza di C. difficile attraverso l’adenosina difosfato-ribosilazione di actina, inducendo la formazione di protrusioni di microtubuli nelle cellule facilitando l’adesione del batterio sulla superficie cellulare3.

Esistono ceppi che producono quantità massive di tossine, cioè i ceppi ipervirulenti, comparsi sin dal 2000. In particolare, C. difficile PCR-ribotipo 027 (BI/NAP1/027) è stato associato ad un aumento della gravità dei casi, delle ricorrenze e della mortalità4. Il ceppo produce entrambe le tossine in gran quantità a causa di una mutazione (delezione) del gene regolatore tdcC e possiede, analogamente ad altre specie di Clostridi, la tossina binaria. Oltre allo 027, anche altri ribotipi epidemici sono emersi, alcuni a diffusione internazionale, come lo 078, anch’esso ipervirulento 5, altri a circolazione nazionale, come lo 018 in Italia 6.
La trasmissione di CD è oro-fecale tramite le spore, resistenti al calore, radiazioni, essicamento e ai comuni disinfettanti, e che possono persistere nell’ambiente per molti mesi. Le spore sono resistenti alla barriera acida dello stomaco e germinano nel colon trasformandosi nella forma vegetativa che produce le tossine. Il livello della contaminazione ambientale delle spore di C. difficile aumenta con la gravità della diarrea. Il principale serbatoio di CD è costituito dall’ambiente contaminato da spore (oggetti, dispositivi, superfici) e dai soggetti con infezione intestinale sintomatica o, in minor misura, dai portatori asintomatici.
I pazienti e/o operatori sanitari possono trasmettere e/o acquisire C. difficile tramite il contatto con superfici e oggetti contaminati (termometri, fonendoscopi, telefoni cellulari ecc.), mediante contaminazione con le cellule vegetative e spore. Le mani degli operatori sanitari sono le più probabili fonti di trasmissione7.

FATTORI DI RISCHIO

Le principali condizioni predisponenti alle CDI sono l’esposizione al microrganismo e l’alterazione della microflora intestinale, ad esempio a seguito di trattamento antibiotico; virtualmente ogni antibiotico può essere associato con CDI ma nella pratica alcuni, come ampicillina, clindamicina, fluorochinoloni 8, cefalosporine e carbapenemi sono associati a un maggior rischio, altri, come il cotrimoxazolo, sono raramente all’origine del problema. La popolazione target è costituita da pazienti anziani (tutte le età sono potenzialmente a rischio, con eccezione dei bambini piccoli, ma l’età superiore a 65 anni è di per sé un fattore di rischio, che diviene più significativo oltre gli 80 anni), degenti in strutture per acuti o lungodegenze, pazienti affetti da malattie croniche (insufficienza renale cronica, fibrosi cistica, neoplasie ematologiche, malattia infiammatoria cronica intestinale, ecc.) e/o immunodepressi. Altri fattori di rischio sono rappresentati dagli interventi chirurgici gastrointestinali, alimentazione con sondino naso-gastrico e dall’assunzione di farmaci che riducono la produzione degli acidi gastrici, come gli inibitori di pompa protonica9.

1. Lamont JT1. Theodore E. Woodward Award. How bacterial enterotoxins work insights from in vivo studies. Trans Am Clin Climatol Assoc. 2002; 113:167-80; discussion 180-1.
2. Jangi S, Lamont JT. Asymptomatic colonization by Clostridium difficile in infants: implications for disease in later life. J Pediatr Gastroenterol Nutr. 2010 Jul; 51:2-7.
3. Kristin E. Burke and J. Thomas Lamont. Clostridium difficile Infection: A Worldwide Disease. Gut and Liver, Vol. 8, No. 1, January 2014, pp. 1-6.
4. Cartman ST, Heap JT, Kuehne, SA, et al. The emergence of “hypervirulence” in Clostridium difficile. Int J Med Microbiol 2010;300(6):387-95.
5. Goorhuis A, Bakker D, Corver J, et al. Emergence of Clostridium difficile infection due to a new hypervirulent strain, polymerase chain reaction ribotype 078. Clin Infect Dis 2008; 47(9):1162-70.
6. Spigaglia P, Barbanti F, Dionisi AM, et al. Clostridium difficile isolates resistant to fluoroquinolones in Italy: emergence of PCR ribotype 018. J Clin Microbiol 2010; 48(8):2892-6.
7. APIC Association for Professionals in Infection Control and Epidemiology. Guide to Preventing Clostridium difficile Infections. 2013.
8. Pepin J. Emergence of fluorquinolones as the predominant risk factor for CDAD: a cohort study during an epidemic in Quebec. Clin Infect Dis 2005; 41:1254-1260
9. Vesteinsdottir I, Gudlaugsdottir S, Einarsdottir R, et al. Risk factors for Clostridium difficile toxin-positive diarrhea: a population-based prospective case-control study. Eur J Clin Micribiol Infect Dis 2012;31(10):2601

”Clostridium difficile: buone pratiche per la diagnosi, la sorveglianza, la comunicazione e il controllo della diffusione nelle strutture sanitarie”

500 mila pazienti/anno sviluppano un’infezione correlata all’assistenza in Italia.

    Malattia da Clostridium difficile:

  • particolare rilevanza epidemiologica e clinica;
  • infezione acquisita tipicamente in ambito assistenziale;
  • carattere epidemico;
  • casi comunitari in aumento.

Infezioni di gravità variabile dalla diarrea lieve alla colite pseudomembranosa, il megacolon tossico e la perforazione intestinale.
Incidenza significativamente aumentata negli ultimi 15 anni con aumento della frequenza di forme clinicamente severe e della mortalità associata alla malattia.

COORDINATORE SCIENTIFICO DEL PROGETTO:

  • Nicola Petrosillo

UNITA’ OPERATIVE COINVOLTE

  • Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani”
  • Divisione Malattie Infettive, Ospedale Universitario di Udine
  • Ospedale Monaldi, Napoli

OBIETTIVO GENERALE

  • Migliorare l’efficienza della diagnosi di infezione da Clostridium difficile e ridurre la diffusione ospedaliera di tale infezione

Risultati attesi

  • Aumentare la percentuale di laboratori che utilizzano i metodi consigliati dalle linee guida per la diagnosi di CDI.
  • Ridurre la diffusione di CDI nelle strutture sanitarie.

OBIETTIVO SPECIFICO 1

  • Descrivere le metodiche diagnostiche utilizzate in un campione di strutture ospedaliere del Nord, Centro e Sud del Paese.

Indicatore di risultato

  • Elaborazione di un documento che descrive le metodiche diagnostiche utilizzate in un campione di strutture ospedaliere del Nord, Centro e Sud del Paese

Attività previste per il raggiungimento dell’obiettivo specifico

  • Questionario per l’indagine ai referenti del laboratorio di Microbiologia di ogni struttura sanitaria.

OBIETTIVO SPECIFICO 2

  • Descrivere le misure di controllo della diffusione di C. difficile messe in atto in strutture assistenziali del Nord, Centro e Sud del Paese.

Indicatore di risultato

  • Elaborazione di un documento che descrive le misure di controllo della diffusione di C. difficile messe in atto nelle strutture in un campione di strutture ospedaliere del Nord, Centro e Sud del Paese.

Attività previste per il raggiungimento dell’obiettivo specifico

  • Invio del questionario ai referenti del controllo infezioni/Direzione sanitaria di ogni struttura sanitaria.

OBIETTIVO SPECIFICO 3

  • Ottenere dati epidemiologici sulle infezioni da CDI nelle regioni partecipanti al progetto.

Indicatore di risultato

  • Elaborazione di un documento che descrive la prevalenza di CDI in un campione di strutture ospedaliere del Nord, Centro e Sud del Paese.

Attività previste per il raggiungimento dell’obiettivo specifico

  • Elaborazione di un sistema di sorveglianza attiva di CDI.

OBIETTIVO SPECIFICO 4

  • Mettere a punto linee di indirizzo per un’efficace formazione degli operatori sanitari sulla gestione di CDI e per una efficace comunicazione all’interno delle strutture finalizzata alla gestione e al controllo della diffusione di C. difficile.

Indicatore di risultato

  • Elaborazione di un documento che descrive la metodologia utilizzata per la formazione del personale e l’efficacia degli interventi formativi.

Attività previste per il raggiungimento dell’obiettivo specifico

  • Effettuazione di corsi formativi rivolti a personale di laboratorio, personale medico, infermieristico e addetti alle pulizie.
  • Elaborazione di un documento con linee di indirizzo per formazione e modelli di comunicazione.

OBIETTIVO SPECIFICO 5

  • Mettere a punto linee di indirizzo per la metodologia da seguire nell’elaborazione dei protocolli sulla gestione di CDI.

Indicatore di risultato

  • Elaborazione di un documento che descrive la metodologia utilizzata per la formazione del personale e l’efficacia degli interventi formativi.

Attività previste per il raggiungimento dell’obiettivo specifico

  • Effettuazione di corsi formativi rivolti a personale di laboratorio, personale medico, infermieristico e addetti alle pulizie.
  • Elaborazione di un documento con linee di indirizzo per formazione e modelli di comunicazione.
Torna all'inizio dei contenuti